In questi giorni ho seguito i dibattiti sulla tanto agognata tassa di soggiorno. In molte città italiane ed europee è già in uso, pensate in Italia 649 comuni la applicano. La tassa di soggiorno a livello economico influisce positivamente sulle casse di quei comuni che la applicano ma il rovescio della medaglia è che spesso diventa un’onere non trascurabile che incide sul budget del turista, si pensi a Venezia che nel periodo di alta stagione arriva ad applicare un’imposta di 5 euro giornaliere sul soggiorno. Agli occhi del turista spesso risulta esclusivamente una tassa fastidiosa e ingiustificata che fa lievitare il costo della propria vacanza, viene letta non di rado come un modo furbo per i Comuni di approfittarne dei visitatori. Il risultato è che, per evitare di pagare, il turista low cost preferisce sempre più frequentemente soggiornare in Comuni limitrofi dove non è prevista la tassa oppure alloggiare in seconde case che sfuggono dai controlli fiscali in quanto non regolarmente registrate come strutture ricettive.
Ma veniamo a noi, in Sardegna soltanto 9 Comuni applicano questa imposta traendone risorse da reinvestire nel settore, migliorando la propria offerta turistica attraverso servizi e infrastrutture che vanno a beneficio dell’intero territorio e quindi anche dei propri cittadini.La tassa di soggiorno, cosi come attualmente strutturata, viene applicata al turista che alloggia nelle strutture ricettive regolari e non, come in precedenza anticipato, a chi alloggia nelle seconde case affittate in nero (risaputo ed annoso problema per l’isola).
Tutti sono consapevoli delle potenzialità che l’isola possiede e può sfruttare per lo sviluppo del comparto turistico, potenzialità troppo spesso inespresse a causa anche delle pochissime risorse disponibili ai Comuni e di una scarsa azione coordinatrice a livello regionale sui già limitati fondi strutturali destinati al turismo.
Per questo motivo una soluzione potrebbe risiedere nell’applicazione di un’unica imposta regionale di sbarco di importo minimo (pari ad 1 euro), capace di portare immediatamente un’importante beneficio per le amministrazioni pubbliche che potrebbero recuperare così risorse fresche da destinare agli investimenti per il settore.
Nel 2013 si sono registrati più di due milioni di arrivi sull’Isola e con il prezzo simbolico di un caffè chiunque venga a visitare la Sardegna potrebbe contribuire allo sviluppo turistico dei luoghi che ha scelto per la propria vacanza.Condividere con il turista l’importanza che il suo contributo avrebbe per l’isola lo renderebbe più consapevole e responsabile del proprio modo di viaggiare e allo stesso tempo potrebbe toccar con mano, qualora decida di ritornare sull’Isola, il risultato degli investimenti effettuati nel miglioramento dell’offerta grazie anche al loro prezioso singolo apporto.
Se gran parte delle mete turistiche applicano la tassa per ogni giorno di soggiorno (più stai più paghi), procurandosi così l’antipatia da parte dei viaggiatori, noi, chiedendo solo un piccolo contributo da pagare all’atto dell’arrivo nell’isola che non andrebbe ad aggravare il costo complessivo della vacanza, potremmo rilanciare il comparto.I fondi, distribuiti in parte ai Comuni che credono e dimostrano l’interesse a sviluppare il settore attraverso azioni concrete, andrebbero destinati alla creazione un sistema di servizi efficiente, alla valorizzazione dell’ambiente e all’avvio di un piano di marketing degno di questo nome.
La tassa inciderebbe sull’intera platea di coloro che visitano il territorio, nessuno escluso e non andrebbe a penalizzare il soggiorno nelle strutture ricettive regolarmente iscritte.
Migliorando l’offerta in modo da soddisfare l’aspettativa sempre più esigente del viaggiatore, si potrà realmente pensare al sistema-isola inserito tra le mete più ambite del Mediterraneo.
Pensate cosa si può fare se il turista ci offre un caffè!